Il Mercato USA: Terra di Opportunità per il Made in Italy

Il Mercato USA: Terra di Opportunità per il Made in Italy

Il Boom del Food Made in Italy negli USA

Parma, 10 maggio – Il connubio tra il Food Made in Italy e il mercato americano si prospetta come un’opportunità senza precedenti per le imprese italiane. L’industria agroalimentare italiana potrebbe vivere una nuova epoca d’oro grazie alla potenza economica degli Stati Uniti. Con un valore complessivo di 1.500 miliardi di dollari, il mercato statunitense, che include il settore retail e degli alcolici, supera di dieci volte quello europeo, stimato intorno ai 150 miliardi di dollari.

Aziende Italiane in America: Successi e Sfide

Importanti marchi come Auricchio, Levoni e Rigamonti hanno già conquistato con successo il mercato oltreoceano. Tuttavia, per gli imprenditori italiani che desiderano affermarsi negli Stati Uniti, sono necessari coraggio, competenze e la capacità di creare prodotti distintivi e d’eccellenza. La strada per il successo in America è costellata di sfide, ma anche di opportunità senza pari.

Crescita e Internazionalizzazione nel Settore Agroalimentare

Il settore agroalimentare italiano si trova di fronte a una fase di crescita e internazionalizzazione senza precedenti. L’apertura verso il mercato americano rappresenta un passo fondamentale per consolidare la presenza delle aziende italiane a livello globale. La qualità e l’autenticità del Made in Italy sono apprezzate a livello internazionale, e l’America si presenta come un terreno fertile per far brillare il know-how e la tradizione culinaria italiana.

Il Mercato USA: Terra di Opportunità per il Made in Italy

Per le imprese italiane, il mercato statunitense rappresenta una terra di opportunità straordinarie. L’espansione oltre confine offre la possibilità di accrescere il prestigio e la visibilità dei prodotti italiani, creando legami sempre più solidi con una clientela internazionale sempre più esigente e attenta alla qualità. Il “sogno americano” del food Made in Italy è a portata di mano, basta saper cogliere le sfide e trasformarle in occasioni di successo.

Di tutto questo, se ne è discusso a Cibus, in occasione del convegno USA4 Cibus: le opportunità per le aziende italiane di investire negli Stati Uniti nell’epoca dell’Inflation Reduction Act, realizzato in collaborazione con American Chamber of Commerce in Italy, moderato dalla giornalista di Class CNBC Mariavittoria Zaglio, che ha visto l’intervento di importanti brand quali Auricchio, Levoni, Rigamonti e la partecipazione dell’Associazione Centromarca.
 
Per continuare a crescere – ha affermato Antonio Cellie, Amministratore delegato di Fiere di Parma – dobbiamo trovare modelli di internazionalizzazione più rilevanti. Negli Stati Uniti le opportunità sono offerte non solo dai grandi player della grande distribuzione, ma anche a livello locale c’è un interessantissimo 14% di operatori, che da soli valgono più del mercato italiano. Inoltre alcuni trend, che in Europa si sono fermati, oltreoceano continuano a crescere, come l’organic, trainato dalla Generazione Z e dai millennial che chiedono di consumare meno e sempre meglio”.
 
Un mercato che diversi importanti brand italiani hanno cominciato ad affrontare con successo. È il caso di Auricchio, che già nel 1977 aveva fondato Auricchio Cheese Corporation, ramo di azienda poi ceduto tra il 1992-93, ma che dal 2011 è tornata a puntare con interesse sul mercato USA, tagliando e confezionando i formaggi nel New Jersey. “L’ America ci mancava – ha raccontato il Presidente Antonio Auricchiosiamo presenti in 60 Paesi, ma gli Stati Uniti sono il nostro cuore, una nazione molto importante, dove il business continua a crescere. Oggi nel New Jersey lavorano le nostre persone, che attuano una selezione durissima, perché dobbiamo produrre eccellenze e per farlo dobbiamo realizzare un prodotto distintivo, affinché tutto il mondo lo apprezzi. Bisogna avere coraggio, ma abbiamo fatto capire che italiani hanno la capacità di entrare nel mercato americano”.
 
Levoni ha prima approcciato il mercato americano attraverso un importatore, cambiando successivamente strategia, per migliorare la penetrazione sul mercato. “Avevamo molti clienti potenziali, che volevano vendere il nostro prodotto – spiega il Presidente Antonio Levoni – ma non potevano perché il nostro distributore era un loro competitor”. Così l’azienda ha deciso di allargarsi anche al retail, costruendo uno stabilimento  da 3.500 metri quadri in New Jersey, con linea di affettamento. “Per noi è un canale completamente nuovo, ma aprire una sede direttamente negli Stati Uniti ha fatto la differenza”.
 
Anche Rigamonti ha approcciato il mercato americano con una duplice strategia. “Produciamo prevalentemente bresaola – spiega Claudio Palladi, Amministratore Delegato di Rigamonti – che non è un prodotto commercializzabile negli Stati Uniti. Così per iniziare a lavorare abbiamo prima acquisito marchi italiani per esportare prodotti e successivamente avviato l’attività per costruire fabbrica”. Il risultato è una stabilmente con tecnologia italiana nel Missouri. “Una scommessa in corso, con i primi dati che non sono incoraggianti, ma di più”.
 
Rigamonti, come ha ricordato l’AD, è stata agevolata nell’apertura dell’impianto grazie a una stretta collaborazione con lo stato del Missouri. E del resto sia a livello locale che federale gli Stati Uniti offrono una serie di incentivi e occasioni di business, come ha sottolineato Caroline Chung, Principal Commercial Officer U.S. Consulate General Milan. “Nessun altro cibo – ha affermato – influenza la cultura in America e di tutto il mondo come quello italiano. Gli italiani insegnano a trattare il food con rispetto, ad apprezzare tutti i processi di preparazione, a scegliere gli ingredienti con cura. L’industria alimentare italiana ha successo globale grazie alla qualità dei prodotti e alla fama che si è giustamente guadagnata”.
 
Le occasioni di business sono legate all’Inflaction Reduction Act voluto dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden. A disposizione delle imprese, anche straniere, ci sono ingenti crediti fiscali per localizzare progetti legati all’energia pulita, che interessa anche il mondo agroalimentare, che rappresenta il 10% emissioni serre degli USA.
Il prossimo giugno inoltre è disponibile il programma Selected USA, per agevolare gli investimenti che creano posti di lavoro di qualsiasi tipo e dimensione, per tutte quelle aziende che vogliono investire o  espandere i loro investimenti.
 
È dunque un’America più  che possibile per le imprese italiane, ma come ha sottolineato Vittorio Cino, Direttore Generale di Centromarca, occorre alzare il livello medio di professionalizzazione, nel marketing come nella comunicazione, a livello internazionale, senza affidarsi solo alla bravura del singolo imprenditore. Ci sono opportunità di crescita, ma abbiamo bisogno di competenze, formazione e puntuali analisi dei dati. Sono ottimista, perché se saremo capaci di completare quei pezzi che ci mancano, possiamo diventare il primo Paese esportatore alimentare negli USA”.