“Latina può diventare la capitale delle “Città Nuove”?

“Latina può diventare la capitale delle “Città Nuove”?

Riflettendo su un mio articolo pubblicato nel quotidiano “Il Tempo” nel lontano 23 settembre 2008: “Latina può diventare la capitale delle “Città Nuove”?

“L’appuntamento che, proprio a Latina, mette a confronto le città di fondazione del Ventennio e offrirà idee sul tema della tutela e della valorizzazione della storica attività di pianificazione urbana e territoriale, così come ci è stata consegnata dopo l’ultimo conflitto mondiale e dopo il prevedibile processo di damnatio memoriae, ci si augura sottolinei come la delicata tematica debba essere affrontata nella sua globalità.

Un approccio così definito ci viene suggerito anche dal processo di rimozione, non ancora completamente concluso, di una ideologia, dei suoi simboli, che caso per caso ha travolto anche la positività del processo architettonico-urbanistico e l’operato di molti professionisti ed artisti e che, soprattutto nell’area pontina, ha visto nel breve scorcio di tempo di soli sette anni progettare, costruire e decorare ben quattro città: Littoria, Sabaudia, Pontinia ed Aprilia.

Tale approccio globale, grazie a studi, pubblicazioni, proposte, normative e movimenti d’opinione che hanno caratterizzato soprattutto il fermento culturale dell’ultimo decennio, deve essere disciplinato da una regia che, pur tenendo conto delle diversità, garantisca una chiave di lettura e una progettualità unitaria, condivisibile ad ampio raggio.

Tale condivisibilità è attuabile coinvolgendo i cittadini in una sorta di educazione permanente. Il tema dell’educazione deve tener conto sia della memoria negata o rimossa, sia di quella riferita alle nuove generazioni che spesso, acriticamente, possono subire miraggi astorici. Per le città nuove è difficile costruire la figura del cittadino consapevole di un’appartenenza che per vari motivi può essergli stata negata o contrastata: ecco la necessità di intervenire in tal senso sia nel mondo della scuola, sia con il Buon Governo, superando steccati ideologici, creando le buone occasioni per costruire un orgoglio di appartenenza anche in una città cosiddetta nuova.

Compito delicato per chi educa e per chi governa, compito dai risultati a lungo termine. Certamente il caso per caso non paga, né per chi rimane chiuso nel mondo della scuola, né per chi governa in senso ‘dirigistico’. Lo stesso atteggiamento di separatezza negli anni passati, e in più di qualche caso anche ora, ha visto una progettualità separata: la città contro la campagna, l’architettura cosiddetta nobile, datata e d’autore, contro un tessuto più neutro.

É un tema antico quello del tessuto urbano da controllare nella sua globalità, e a Latina si è pagato duramente questo atteggiamento. Qualche sindaco propose l’abbattimento delle Poste di Angiolo Mazzoni (e il documentato annuncio ci ha lasciato almeno un frammento eloquente della progettazione in funzione dell’intorno), la Casa del Contadino di Florestano di Fausto (il progettista di Predappio e di Rodi) venne abbattuta negli stessi anni con la perdita totale del ciclo degli affreschi di Michele Cascella, di Ugo Ortona e di Walter Roveroni), etc.

Le cosiddette città nuove non erano state progettate avulse dal ‘loro’ territorio: è da lì che bisogna partire, fare in modo che il loro habitat, laddove sia ancora percepibile, rimanga leggibile nella rete dei canali con le loro rive arginate (o privatizzate?), le fasce frangivento, i ponti, le case coloniche nelle loro diverse tipologie (di originali e rispettate se ne è salvato solo il 10% o poco più), il verde agricolo, la risorsa acqua (escavo dei pozzi e tutela delle zone umide residue).

Fregio Duilio Cambelotti – Palazzo del Governo

Non va suggerita una soluzione archeologica, ma va contrastato il fatto che la mediazione tra città e campagna, a meno di coraggiose scelte di chi amministra o di opportunità offerte da elementi naturali forti, come il lago e la costa per Sabaudia, sia esercitata da una periferia che dilaga sia in campagna che in città, commistendo tipologie edilizie e funzioni e offrendo pericolosamente la convinzione che non ci sia più niente da tutelare.

L’educazione del cittadino deve tener conto anche dell’informazione di quello che ci circonda (non solo turistica, il turismo è considerato ormai la panacea per risolvere sofferenze economiche, costringendo progetti che possono essere irreversibili, ma non che si faccia qualcosa per incentivarlo, progettando informazioni e garantendo servizi e infrastrutture).

La toponomastica urbana ed extraurbana colmerebbe la memoria perduta o quella cancellata dagli interventi di bonifica. Degli edifici è giusto far conoscere la loro funzione, passata e presente, il nome del progettista, la data di edificazione, la presenza di apparati decorativi, etc. Delle figure dei professionisti che hanno collaborato alla costruzione della città è necessario informare, primi fra tutti, i cittadini, poi i turisti, creare occasioni come mostre, convegni, come ben ha proposto recentemente l’Ordine provinciale degli ingegneri sull’arch. ing. Angiolo Mazzoni Del Grande e a breve sull’arch. tardo liberty Guido Tirelli che progettò Salsomaggiore e nell’Agro Pontino le chiese dei Borghi e l’edilizia scolastica rurale.