Carol Huebner Venezia nasce nello Stato del Minnesota, proprio al centro degli Stati Uniti. Da bambina, durante i lunghi inverni legge molto e scopre due libri nella biblioteca dei genitori:
Libri di fotografia: Martha Graham – 16 Dances in Photographs e The Family of Man.
Si innamora letteralmente di The Family of Man.
Era il catalogo di una mostra rivoluzionaria al MOMA (Museum of Modern Art di New York) negli anni Cinquanta. Un progetto definito epico e sacrale ruotante intorno alla ricerca del mistero dell’umano, della vita e della pace: 503 immagini di 273 fotografi che rappresentavano 68 Paesi
“The Family of Man ha cambiato la mia vita” ci dice “Ero ipnotizzata da quelle immagini di luoghi e persone lontane, esotiche e allettanti per una bambina di sei anni che aveva a malapena lasciato l’isolato in cui viveva. Sognavo di diventare uno di quei fotografi, di viaggiare per il mondo scattando fotografie”.
Quel sogno, perseguito con tenacia e vocazione ha avuto delle deviazioni, lo studio, il lavoro e la maternità.
Le chiediamo di raccontarci il suo percorso e Carol si apre con un sorriso al racconto:
“Negli anni ’60 ho imparato a fotografare sul posto di lavoro, mentre lavoravo per un giornale di una piccola città, il Colfax Record, nella regione aurifera della California.
Il mio capo mi comprò una macchina fotografica Hasselblad e, con poche istruzioni da parte sua, mi ci buttai a capofitto. Io e l’allora marito eravamo il team di redazione, lui scriveva gli articoli e io fotografavo gli eventi e le personalità locali.
Dopo qualche anno, decisi di studiare adeguatamente la tecnica fotografica, così feci domanda e fui accettata al programma MFA del Rochester Institute of Technology.”
Ma la vita di Carol avrebbe avuto proprio a Rochester una deviazione importante a livello personale e professionale:
“Mentre ero a Rochester, mi sono innamorata di Michael Venezia, che insegnava arte proprio all’Università di Rochester.
(Michael Venezia è uno degli artisti più longevi della corrente del Minimalismo americano NdR)
“Nel 1978 mi sono trasferita con lui a New York, dove abbiamo vissuto e fatto arte in un loft a Tribeca. Entrambi abbiamo insegnato nelle università e io ho svolto alcuni lavori di fotografia free lance per la DIA Art Foundation e per lo studio di design di Massimo Vignelli.
L’Umbria l’abbiamo scoperta durante la nostra luna di miele, nel 1979, quando siamo andati a tra far visita ai nostri amici Sol Lewitt e sua moglie Carol che si erano appena stabiliti a Spoleto. Anche noi, come molti altri qui, ci siamo innamorati di questi luoghi.
Due anni dopo comprammo un rudere a La Costa, a Pigge di Trevi (PG), e da allora la nostra vita è continuata tra questi due mondi stimolanti e contrastanti.
“E oggi sono qui nell’Umbria che amo con questa mia Mostra Istanti Infiniti. Sono molto felice di essere qui oggi al MAD, a Campello sul Clitunno, con tanti amici, ad esporre alcune delle fotografie che ho realizzato negli ultimi quarant’anni.
Ringrazio Mariella Badiali che ne è la Responsabile, e una cara amica, e tutti coloro che collaborano con il MAD e che hanno contribuito alla realizzazione di questa mostra”.
E’ una persona solida e solare Carol Huebner Venezia, ci porta a fare un giro per l’esposizione.
Le domande vengono spontanee semplici e lei emana tanta voglia di condividere emozioni.
Carol cosa rappresenta per lei questa mostra in Umbria, perché ora dopo tanti anni trascorsi qui?
“Ho esposto alcune di queste fotografie a Vienna, Bottrop, in Germania, a Berlino, a Bari, a Roma e a New York, ma è per me un piacere particolare condividere con le persone che vivono qui, amici, conoscenti, turisti, questa selezione di fotografie.
L’Umbria è stata la mia casa per 40 anni, è stata una fonte di ispirazione per il mio lavoro; il paesaggio, i cieli mutevoli, la qualità della luce e molti delle persone che vivono qui sono incluse nelle fotografie presentate qui oggi.
Non considero questa una retrospettiva, piuttosto una celebrazione di 40 anni in cui ho cercato e trovato la bellezza in molte cose grandi e piccole”.
(Istanti italiani Burano e Riccione)
Una lunga carriera di successi in giro per il mondo. Quali sono stati i momenti più significativi della sua attività artistica?
“Ce ne sono stati molti: certamente un momento importante è stato vincere la borsa di ricerca Fulbright nel 1994, per documentare il National Living Treasures: The Traditional Artisans of Italy, che è stato un grande onore. Sono molto felice di poter mostrare quelle interviste e quei ritratti in un video.
Un altro progetto significativo è stato Artifacts at the End of Decade – 1981, un portfolio che ho realizzato con il mio partner Steven Watson. Si tratta di una collaborazione di 50 artisti, designer, architetti, ballerini, che riflettono sul decennio degli anni Settanta.
Gli anni ’60 hanno portato enormi cambiamenti culturali in tutto il mondo. La domanda che ci eravamo posti nell’immaginare questo lavoro fotografico è stata: “Cosa è successo dopo tutti quei cambiamenti negli anni successivi al ’70?“.
Abbiamo inviato lettere, tante lettere, (sì, questo era prima di internet ci dice sorridendo), ponendo questa domanda a vari artisti, designer, ballerini, scrittori, poeti ecc. chiedendo loro di proporre una pagina per un libro – portfolio che rispondesse a questa domanda.
Le risposte hanno superato le nostre aspettative, ma ne abbiamo selezionate 50 da inserire nel portfolio. Artifacts è oggi presente nelle collezioni di 35 musei di tutto il mondo e, a distanza di 32 anni, è diventato una capsula del tempo. Viene riscoperto da giovani curatori. Recentemente è stato esposto al Centre Pompidou, ed ora qui al MAD.
Infine, amo ancora il processo fotografico. L’atto di guardare il mondo e cogliere un momento, come amava dire Henri Cartier-Bresson, “l’attimo decisivo”, e portarlo avanti attraverso il processo di sviluppo della pellicola e la realizzazione di una stampa nella camera oscura di un tempo, o oggi l’editing e la stampa del file digitale. Sono ancora un po’ quella ragazza che ama viaggiare, cercare ovunque ciò che è fresco, ciò che mi cattura in un volto o in un luogo”.
Ci sono molte foto di pugili, di persone e di amici: cosa cerca il suo obiettivo mentre scatta le foto?
“Ogni ritratto porta con sé una storia diversa per me. Cerco una collaborazione quando sono dietro l’obiettivo di fronte al mio soggetto. Voglio ascoltare la sua storia, rispettare il mio soggetto, lasciare che mi mostri chi è.
Raramente fotografo estranei.
Quando lavoravo per il giornale, ho scoperto che le persone si aprivano rapidamente con me con storie sorprendentemente personali e affascinanti.
All’inizio ho scattato ritratti per tenere vicino a me le persone che amavo quando eravamo lontani. Le sento ancora più vicino ora, guardando in questa mostra i ritratti di amici che non ci sono più.
I pugili sono stati una sfida interessante, così come i cowboys, perché non conoscevo nulla di quei mondi.
Vengo da tre generazioni di donne, quindi quando ho dato alla luce un figlio, ho pensato che sarebbe stato come noi non ci sarebbero state differenze educative.
Mio padre è stato un pacifista per tutta la vita, quindi in casa nostra non erano ammesse armi o combattimenti. Tuttavia, mio figlio fin da piccolo puntava le banane come fossero pistole e si vestiva come un piccolo guerriero e costruiva spade con i bastoni.
Credo che fotografare pugili e cowboy sia stato per me interessante e stimolante perché stavo esplorando mondi che non conoscevo, mondi che negli Stati Uniti erano simboli della mascolinità”.
La sua Mostra si chiama Istanti Infiniti. Tra i tanti momenti, quali sente più suoi? Quali sono quelli che la rappresentano di più o che sente più legati alla sua vita personale?
“Fondamentalmente sono una persona curiosa. Una volta terminata la scuola di specializzazione, ho capito subito che non volevo fare fotografia commerciale. Volevo perseguire ciò che mi interessava e guadagnarmi da vivere in altri modi.
Volevo fotografare per me stessa, non per profitto.
Questa mostra lo dimostra chiaramente: posso interessarmi ai soggetti acquatici, così come ai pugili o ai ritratti dei miei amici.
Devo dire che amo tutti i miei lavori, per quanto diversi possano sembrare ma Luna di Miele, Firenze 1979, che è non a caso la copertina della Mostra, ha un posto speciale perché l’ho scattata in una pensione di Firenze dove con Michael siamo stati in luna di miele e dove è iniziata la nostra avventura italiana. Ha quell’elemento di sorpresa, un getto d’acqua che da un buco va nella brocca, un felice attimo che mi ha fatto piacere cogliere”
La Mostra Istanti Infiniti di Carol Huebner Venezia sarà visitabile dal 3 giugno a settembre
MAD Umbria Museum
SS Flaminia Km 138 – Campello sul Clitunno (PG) Tel + 39 0743n521 105 (dal lunedi-sabato. Orario 9 -13 e 16 -19,30 )
15 Ottobre 2024