Un’annata estrema
Il 2024 sarà ricordato come un anno di estremi per la Cantina di Venosa. La siccità ha messo a dura prova i vigneti, portando ad una riduzione del raccolto di circa il 50% rispetto alla media storica. Nonostante le difficoltà, la vendemmia si è conclusa il 7 ottobre con la raccolta dell’ultimo grappolo di Aglianico, vitigno simbolo del territorio.

Anticipi record
A causa delle alte temperature e della scarsità di piogge, la vendemmia è iniziata con ben 20 giorni di anticipo rispetto al solito, a partire dall’11 agosto con il Moscato.
Qualità straordinaria

Nonostante la quantità sia stata inferiore alle aspettative, la qualità delle uve è risultata eccezionale. Il microclima del Vulture e l’altitudine dei vigneti hanno permesso di ottenere grappoli perfettamente maturi e con un’ottima acidità.
Un futuro promettente
L’enologo Donato Gentile si dice soddisfatto dei risultati ottenuti, sottolineando come la sfida della siccità sia stata affrontata con successo grazie all’esperienza dei viticoltori e all’attenzione ai dettagli in ogni fase della produzione.
«L’andamento climatico primaverile – spiega l’enologo di Cantina di Venosa, Donato Gentile – ha fatto sì che ci fosse già un anticipo nel germogliamento, poi il ritorno di freddo successivo ha rallentato lo sviluppo dei tralci e questo ci ha un po’ aiutati. Si è verificato però un aumento importante delle temperature estive a partire da inizio luglio e un’accelerazione della stagione vegetativa. Nonostante ciò per noi il raccolto è stato eccezionale in termini di qualità, le uve sono straordinarie per maturazione e complessità: essendo in quantità molto inferiori alla media la pianta è riuscita a portare a perfetta maturazione i grappoli con facilità. Inoltre – continua l’enologo Gentile – è stato più facile ottenere uve di tale livello perché ci troviamo in un’area dalle particolari condizioni micro-climatiche, quasi nordica pur essendo in sud Italia, alle pendici del vulcano Vulture, nell’entroterra, con vigne coltivate su colline tra i 350 e i 550 metri sul livello del mare. Un territorio caratterizzato da un’ottima escursione termica notturna, con cali di temperature tali da poter mantenere una buona acidità delle uve; e questo conferisce maggior qualità. Invece, nelle zone più basse, in altre aree d’Italia, dove ha fatto molto caldo ho sentito vari produttori che lamentavano un calo dell’acidità e questo può influire negativamente sul potenziale di longevità e l’equilibrio dei vini. Ma da noi non è avvenuto. E un po’ è merito anche del lungo lavoro di zonazione degli anni passati, quando siamo andati a individuare le zone più alte e più adatte per la coltivazione della vite, capaci di preservare meglio l’acidità dei grappoli. È stato il nostro punto di forza e così il caldo non ci ha intaccati».