La ricerca storica dietro un piatto di pasta
Creare un raviolo non significa semplicemente unire un ripieno a una sfoglia ben lavorata. Un vero professionista della cucina non può costruire un piatto senza prima condurre una ricerca storica e ambientale approfondita. Questo principio è alla base del progetto che ha portato alla realizzazione del Raviolo Paganini, un piatto che affonda le radici nella vita del grande virtuoso del violino.

Il violinista e la sua passione per la cucina
Niccolò Paganini, celebre compositore e violinista, nutriva un amore particolare per questo raviolo, che amava consumare soprattutto dopo i suoi concerti per rigenerarsi dal grande impegno musicale. La storia di questo piatto ha preso una piega inaspettata grazie al ritrovamento di un manoscritto del maestro, conservato in un museo di Washington, scritto con la stessa cura che Paganini riservava alle sue composizioni musicali. In questo documento, il maestro elenca con precisione gli ingredienti necessari per realizzare il suo raviolo preferito.

L’interpretazione dello chef Bruno Cingolani
Solo un professionista dell’esperienza dello chef Bruno Cingolani poteva riuscire nell’impresa di interpretare correttamente gli ingredienti citati nel manoscritto, creando un equilibrio perfetto tra i sapori. Rispettando un procedimento lungo e complesso, e selezionando con attenzione gli ingredienti migliori, lo chef è riuscito a dare vita a quella che può essere definita un’opera armoniosa di alta gastronomia.

La ricerca della farina perfetta di Rina Poletti
Il compito di chi si è occupato della sfoglia è stato quello di ricercare la farina migliore, capace di donare al raviolo un sapore antico e di realizzare un involucro adeguato a contenere il ripieno prezioso. Ogni elemento è stato calibrato attraverso degustazioni condotte non solo tra amici, ma coinvolgendo esperti del settore gastronomico, per garantire il massimo risultato qualitativo.
La presentazione a Parma
Con questo raviolo, il team di lavoro ha concluso il settembre gastronomico presso Laboratorio Aperto Parma, un luogo che rappresenta un punto di riferimento per la cultura del cibo e che merita di essere seguito nelle sue numerose iniziative. La ricetta del “Raviolo Paganini” è ora custodita con cura, pronta per essere tramandata.


I protagonisti del progetto
Questo risultato non sarebbe stato possibile senza il contributo dell’Architetto Andrea Pacciani, (he ha segnalato il ritrovamento del manoscritto), storico d’arte e di cultura enogastronomica e nipote di Massimo Alberini, ad oggi storico di riferimento enogastronomico del Corriere della Sera.

Un ruolo determinante è stato svolto da Ennio Barbieri, esperto comunicatore del settore enogastronomico che, con dedizione ed energia instancabile, ha saputo coordinare e mettere in rete tutte le competenze necessarie. Grazie alla sua capacità di tessere relazioni e al suo impegno costante, Barbieri è riuscito a riunire le professionalità indispensabili per trasformare una scoperta storica in una vera opera gastronomica, la nuova ricetta è stata depositata in Siae.
Il riconoscimento della critica
Alla presentazione del raviolo a Parma era presente il giornalista Andrea Grignaffini, firma autorevole della guida ristoranti dell’Espresso e membro del comitato scientifico di ALMA la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, al quale si deve l’articolo pubblicato sulla Gazzetta di Parma. Gli apprezzamenti ricevuti e la risposta positiva del pubblico, compresa quella della Confraternita del Tortél Dóls che ha ospitato l’iniziativa durante la loro rassegna a Colorno, hanno reso questo progetto ancora più significativo.
Il futuro del Raviolo Paganini
Chissà se il grande maestro avrebbe apprezzato questa interpretazione della sua ricetta? E chissà se il “Raviolo Paganini” verrà riproposto in futuro, permettendo ad altri di assaporare questo pezzo di storia gastronomica.
