Ultimo tango a Venezia o giù di lì…

Vittorio Graziano da Castelvetro di Modena.

Qualcuno dice che il Lambrusco è il vino più bevuto. Vengono vendute milioni di bottiglie.

Ma nessuno conosce il Lambrusco. Quello vero. Chi lo faceva in casa è da tempo a far compagnia alle radici.

Quelli che ne fanno in maniera industriale; possono contare su una pletora di clienti che quello vero non l’hanno mai bevuto.

Non bevono vino se non stampato in cantina industriale: “Semper fidelis!” Fedeli a palati inossidabili e ammaestrati.

C’è uno strambo. Un certo Graziano di cognome – e già questo è strano – che nelle stupende colline di Castelvetro, sature degli umori di una terra benedetta fin dal tempo che ci pisciavano le vacche, con tanto di quel sole d’averne d’avanzo;  nel caos della sua casa-cantina, ne fa uno degli ultimi che sembrano veri.

Con il concetto del Barbacarlo del Maga e come lui è un diverso.

Visto che oggi i ‘diversi’ vanno tutelati. Tuteliamo anche questi che, a causa tempo, zappatura e follia, fanno roba che cambia da un anno all’altro, da una vendemmia all’altra ricordandosi che il vino si può anche fare con la fermentazione naturale. In fondo una volta costava molto. Oggi solo di più.

Una sera Vittorio Graziano – da recidivo – commette l’errore di invitarmi su da lui. Ci trovo tutti e di tutto.

E anche peggio, come un certo Mauro Lorenzon da Iesolo-Venezia. Di solito insulto chi non mi conosce. Più o meno amichevolmente.

Ero un timido. Anche se non ricordo quando. Mi piace aggredire chi mi piace. Dopo che me lo sono studiato e ho scelto di colpire. Deve essere per forza interessante e quando ho bevuto non mi importa come finisce. Basta cominci.

Arrivo a toccare i sentimenti se ci lega una sbornia che ottunde le offese e perde di cattiveria. Sono brutto e fin da giovane dovevo fare lo strano per far colpo sulle signore. In fondo le donne sono pietose e a volte risvegli il loro senso materno.

Se poi da parte di qualche fenomeno si tengono discorsi ovvi sul vino, si scoprono i nervi e so farli saltare agli altri, senza buscarle come piacerebbe tanto a mia moglie o a qualche amica che non sopportano i miei atteggiamenti. Poverette non hanno fatto il militare negli alpini con il maresciallo Camillo Li Pira detto lo Sceriffo (l’uomo più uomo che abbia mai avuto il piacere di conoscere). 

Anche Graziano è sempre stato ‘un po’ così ‘. Lo conosco da prima che facessimo gli asini a Cortina.

Mezzo secolo fa e ci sopportiamo ancora. 

Questo Lorenzon è ubriaco almeno quanto me. Presenta un libro di aforismi illustrati con la sua faccia da sballato.

Ma mica è scemo. È un mattatore! Intelligente.

Per questo il vago tipo non reagisce e continua per la sua strada. Saltando le curve ma rimanendo in strada. Quando Vittorio Graziano parla di lui sorride a me. Lorenzon gode il momento e motteggia alle mie aggressioni.

Non è venuto per niente. Per mangiare a ufo e sgavazzare in compagnia. L’ambiente merita. Ma anche per comprare il Lambrusco che vende alla sua Mascareta. Una osteria. La sua. Introvabile il calle Santa Formosa.

Dopo sguardi di amorosa comprensione ci scambiamo insulti da caserma che si inseguono mentre l’anfitrione cerca di commentare i ridicoli e simpatici aforismi per alcolizzati cronici.

Che di simpatico hanno solo le facce da simpatico deficiente dell’oste in questione avvallato da una deliziosa e seria compagna che cerca di difendersi e di difenderlo dal suo carattere estroso e intemperante.

Ci innamoriamo! Gli insulti in serie non riescono a nascondere quello sporco sentimento che puzza di salame all’aglio e vino.

Nemmeno le dichiarazioni di odio eterno giurate alle rifermentazioni sulle bucce, riescono a separarci da quel moto spontaneo che è la simpatia immediata. Quella che ti fa sentire cresciuto insieme a uno sconosciuto e ti lascia scappare il nemico catturato. 

Alla fine. Che poi sarà solo il principio, in nome dello zelo alcolico ci fidanziamo! Notte fonda. Abbracci e baci; naturalmente sulla bocca. Unta e bisunta. Ma senza lingua!

Tra lo sconcerto dei noiosi finti compagnoni. Tenutari di campagna di slow. Astanti di contorno in perenne compagnia delle loro bibbie-guide. 

Un ultimo abbraccio sudato. Nasce l’impeto. Come una preghiera rivolta ai presenti ormai dimenticati: “Si fottano loro e la Mendicità Erudita!”

Si butta sulla mia Smartina nera e fango. Più che altro fango. La ripulisce con il suo casmirino rosa.

“Non mi lasciare!!!”

Scendo. Mescoliamo altro vino che fa sangue e ci esaltiamo con immagini oniriche. Salta fuori il credo fradicio dell’avvinazzato: greco rattoppato e latino maccheronico al ragù. 

La paziente compagna, cerca di trattenerlo. La poveretta sa come andrà a finire. Almeno come è cominciata. Non ricordo! Chi di noi, in un abbraccio dal sapore omosessuale, vicini alle lacrime dell’alba; abbia declamato: “Amico mio! Siamo rimasti in pochi. Il confino. Il confino! Ci dovrebbero dare. In un isola piena di donne lascive e vino buono.”

Lui, poi guardando la moglie sofferente di quella condizione che ricorda alle donne tutte le canagliate che fanno gli uomini in nome del peccato originale, se ne esce con un colpo da maestro: “O dici che basta il vino?”

Ci separano con violenza. Forse erano i carabinieri. Graziano giace a braccia conserte sulle briciole del tavolone. Mentre i suoi gatti ripuliscono dalle cotenne dei salami. Uno di questi doveva provenire dalle zone di Parma: rosica una crosta di formaggio ai piedi di Vittorio e la lecca con la stessa passione che prova a stare vicino alla cucina economica. Ormai solo tiepida.

Stavolta ci allontaniamo sul serio. Forse sono lacrime. Probabile vino bianco dell’ultima sboccatura. 

Come per scusarsi con quella sua sporca coscienza lasciata in qualche tino o su un materasso sostiene: “Tra tutte le migliaia di etichette, quando trovi del vino sul serio. Bisogna darci dentro!”

Il distacco è grave. Doloroso e pieno di promesse. Sua moglie azzarda: “Da sempre molti grandi amori si scontrano con la dura realtà di una patente ritirata.”

Chi è Vittorio Graziano da Castelvetro di Modena?

La Mecca per chi ama il vero Lambrusco è qui.

La sua famiglia ha sempre posseduto vigne nel paese ma il padre faceva altro e Vittorio si dice si sia avvicinato in ritardo al vino, bevendo più per impressionare la propria fidanzata che per convinzione.

Da ragazzo si avvia alla strada di contabile amministrativo, ma la sua ansia di libertà esplode alla fine degli anni ’70 quando la sua terra sperimenta l’industrializzazione vinicola e si assiste, qui come altrove, all’abbandono della tradizione della rifermentazione in bottiglia.

I vini secchi per tradizione diventano ammiccanti e facili e la fermentazione in autoclave è il nuovo mantra. Senza alcuna nozione enologica nè esperienza personale, ma con grande curiosità, Vittorio Graziano recupera e fa tesoro del grande sapere dei contadini del luogo.

Ne apprende i metodi di lavoro, conosce le varietà, capisce dove è meglio impiantarle.

Nel 1978 impianta il suo primo ettaro, aggiungendone uno dopo l’altro, solo e rigorosamente da selezione massale sino ad arrivare all’attuale dimensione di 5 ettari per 6000 piante ciascuno.

Ancora lontano dagli schieramenti tra convenzionale e naturale (nati oggi dalla consapevolezza dei danni provocati dall’industrializzazione del mondo del vino), produce come sa fare e come si faceva una volta: senza alcun ricorso alla chimica in vigna, ma solo secondo natura bilanciando la vigna con leguminose e erbe spontanee all’insegna della biodiversità. Ma anche ricercando la complessità impiantando più vitigni autoctoni (una volta si impiantavano misti nelle vigne), di cui oggi è certo del Trebbiano, del Lambrusco Grasparossa e del Malbo Gentile.

Non chiedetegli degli altri. Biologico ante litteram abbandona la certificazione dopo una decina di anni, oberato da burocrazia e dai costi, ma esce anche dalla denominazione in disaccordo con le nuove rese e varietà imposte dal disciplinare. Ma non cambierà mai la sua idea di vino.

Le uve dei suoi vini sono diraspate, pressate e fermentate in contenitori di vetroresina. Il vino viene sfecciato con circa 10 gr/l di zucchero residuo ed imbottigliato per la fermentazione in bottiglia con i propri lieviti che condurrà alla formazione di anidride carbonica rendendo pertanto il vino frizzante. 

Vittorio Graziano ha fatto la sua prima vendemmia nel 1982. Dopo 35 anni è il simbolo dell’artigiano libero che se ne infischia di mode e tendenze e conosce solo un credo quello della sua terra e della tradizione che ne è la vera ricchezza.